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Il resto che vale

 

 

 

Un giorno un angelo fu colpito all'improvviso ad un'ala e cadde dal cielo.
Il buio lo avvolse con il suo manto pauroso e al risveglio si accorse di non poter più volare.
Gli era stato tolto ciò che di più necessario ci possa essere per un angelo, perché non poteva più trasferirsi da un posto all'altro nel mondo.
Dapprima piangeva, si disperava, si arrabbiava, poi... per miracolo, cominciò ad apprezzare quello che gli era rimasto di altrettanto importante: l'intelligenza, la bontà, la vista, l'udito, il gusto, il tatto, insomma il resto di un insieme che forma la vita.
 

 

Passò molto tempo da quel giorno maledetto e l'angelo si era stancato della sua intelligenza, della sua bontà forzata, di vedere le schifezze del mondo senza poter rimediare, di udire voci senza senso, di non godere più delle meraviglie naturali che lo circondavano... voleva volare, solo volare.
La sua rabbia oltrepassava ogni limite e inveiva contro chi gli stava vicino, gridando al cielo come se ne avesse colpa, dimenticando che invece la colpa era soltanto dell'uomo che lo aveva colpito.
Una bambina che passò di lì per caso, lo guardò, lo accarezzò, gli parlò sottovoce e con la purezza che hanno i bambini, gli sedette accanto aspettando che la vedesse anche lui.

 

Scontroso e innervosito da quella assurda presenza, l'angelo senza guardare la bambina ripeteva: “Vattene... vattene!”
Allora la bambina, gli disse: “Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine di pensare senza mai cambiare la qualità del pensiero.”
Poi si alzò... lo accarezzò di nuovo e cominciò ad allontanarsi sotto lacrime di pioggia, aspettando di essere chiamata indietro.

 

Stava camminando lentamente senza perdere la speranza di un richiamo, quando la bambina udì un fruscìo d'ala, un battito leggero, trasparente, quasi silenzioso ma molto doloroso, sofferto di tutte le pene possibilmente immaginabili.
Con la paura di sbagliarsi si voltò e vide l'angelo che piangeva tutto il dolore che aveva addosso, vomitava tutta la delusione che lo incatenava alla vita per lui ormai priva di significato e aspettava qualcosa di straordinario per giustificare il peso della sua forzata prigionia.
Timorosa di essere nuovamente cacciata, la piccola ascoltò il suo cuore che le spiegava il senso di quel battito d'ala, così fece qualche passo indietro pur consapevole che non avrebbe potuto far volare di nuovo l'angelo, ma forse prendendolo per mano, avrebbe alleggerito la sua malinconia, il suo dolore e gli avrebbe ricordato che più amore si da più il dolore si attenua e che la sua unica ala poteva avere comunque un significato e un valore di esistere.

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